Avevamo annunciato l’uscita di questo CD, in un vecchio ‘primo piano’, come un evento straordinario, e adesso che il CD è fra le nostre mani, pronto per essere recensito, possiamo solo ribadire che si tratta davvero di un evento straordinario.
Luciano Cilio, musicista napoletano, un unico disco nel 1977, morto suicida a soli 33 anni. Il suo lavoro viene spesso paragonato al “Pink Moon” di Nick Drake, a ragione devo dire, e al di là del tragico epilogo, per una libertà armonica che li unifica, ma anche per l’essenza così interiore della musica, quasi fosse stata carpita per sbaglio dall’anima a cui, di pertinenza, apparteneva. Un solo disco, “Dialoghi del presente”, che però è leggenda. È per questo che si è scomodato Jim O’Rourke per una breve, ma incisiva, nota introduttiva. È per questo che una ciurma di lettori sta pressando alle porte della rete in cerca di notizie su questa ristampa. È per questo che, se sarò io a decidere, Fabio Carboni e Bruno Stucchi - i proprietari della Die Schachtel – si sono già guadagnati il paradiso con questa produzione (ma anche Girolamo De Simone che ha curato il lavoro merita lo stesso premio).
Questa raccolta, oltre ai cinque brani che componevano “Dialoghi del presente”, contiene una versione inedita di uno di essi, un altro brano completamente inedito, più alcune trascrizioni che De Simone ha tratto da vari appunti, prendendosi il gravoso impegno, felicemente portato a termine, di darne un’interpretazione quasi sempre tratteggiata al pianoforte. Fra gli originali recuperati c’è un emozionante Studio for winds e fra le trascrizioni una già nota 4th Sonata. Non è molto, ma parte dell’opera di Cilio è andata persa o distrutta. Insieme al CD il libretto, aperto dalle note di O’Rourke, alle quali fanno seguito una breve biografia (che lo ritrae attraverso le collaborazioni con Alan Sorrenti e Shawn Phillips, la pubblicazione del disco e la prematura scomparsa) e, infine, le dettagliate note di Girolamo De Simone che, oltre ad aver curato la raccolta, conobbe personalmente Cilio. Le poche foto, di qualità scarsa, che adornano il libretto gettano un ulteriore tocco di magica irrealtà sulla figura del musicista. È realmente esistito od è un sogno?
Una chitarra, un pianoforte, un flauto, un violoncello, un contrabbasso, un violino, una voce femminile, qualche strumento a percussione... la musica è disegnata con pochi tocchi, essenziali ed intensi, da un autore che usava tecniche compositive-esecutive avventurose, per l’epoca, quali il cut-up, le sovraincisioni e sistemi di scrittura che andavano dai segni grafici fino all’utilizzo dei colori, dei collage e dei montaggi di parti improvvisate.
Nella vita ci sono cose indispensabili e cose che non lo sono, cose che sono strettamente necessarie e cose di cui si può fare a meno, “Dell’universo assente” appartiene alle prime e il suo ascolto è imprescindibile per chi segue i cantautori come per chi segue la musica elettronica, per chi segue il rock come per chi segue il jazz, per chi segue la sperimentazione come per chi segue il folk.
Un disco di una bellezza abbagliante.

 

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