Pietro Grossi. Addio, Genio elettronico

 

 

(inserto Ultrasuoni), in Ultrasuoni/Alias n. 11, il manifesto del 16 marzo 2002

 

Pietro Grossi mescolò fra loro intuizioni musicali, estetiche, sociologiche, precorrendo i tempi ed anticipando quelle che sarebbero state le tecnologie e teorie utilizzate oggi per realizzare in ogni casa strumenti di comunicazione, divertimento, creatività, comfort. Fu un musicista prestato alla scienza, un sensitivo dotato di una straordinaria e visionaria capacità di guardare lontano, lo «sguardo oltre il tramonto» auspicato da Goethe. Il numero e la complessità delle sue precognizioni, soprattutto la loro funzione ‘segnaletica’ e storica, meritano nuove opportunità conoscitive, spazi critici e strumenti analitici provenienti da più discipline. Una occasione per incontrare la sua musica, vedere le sue opere e ascoltare l’ultima intervista da lui registrata sarà il concerto che stava preparando assieme all’estensore di queste note, e che si terrà ugualmente, come concordato con lui, il 17 maggio al teatro d’avanguardia partenopeo Galleria Toledo. Quelle che seguono, sono invece alcune tracce, degli estratti divulgativi preparati col medesimo spirito col quale Grossi confezionava  i suoi ‘demo’ musicali e grafici: estraendo da ogni brano pochi minuti di musica, e da ciascun caleidoscopio grafico, un solo fermo-immagine. 

Il musicista
Grossi nasce eccelso violoncellista: lavorerà per trent’anni nella prestigiosa orchestra del Maggio Musicale fiorentino. Ricoprì la cattedra di violoncello al Conservatorio Cherubini fino a maggio del 1985. Fonda a sue spese il primo Studio di Fonologia nel 1963, ottenendo due anni dopo l’istituzione della prima cattedra italiana di musica elettronica che ricoprirà assieme a quella di violoncello finché non verrà ricondotta in organico. Grossi trasportò in Conservatorio tutti i suoi strumenti elettroacustici, forgiando decine di allievi. Nel 1968 organizza per il Maggio fiorentino il primo Congresso Internazionale di Musica elettroacustica. Sono anni di fermento: un decennio che considerava in assoluto come il più creativo e produttivo. Realizza molte trasmissioni per la Rai, compie le prime esperienze per la Olivetti , per il CNUCE di Pisa, poi divenuto centro del CNR. 

Il divulgatore
Grossi fu tra i primi a promuovere l’opera di John Cage in Italia. Bruno Maderna lo aveva già invitato nel 1949 a partecipare ad un convegno sulla musica dodecafonica. Cage fu poi a Milano con David Tudor nel 1954, questa volta per merito di Luciano Berio e di Gino Negri.
Grossi ne programmò la musica nel 1961, non appena ebbe fondata l’Associazione «Vita musicale contemporanea», in un concerto monografico rivolto alla produzione americana. La prima serata monografica italiana dedicata a Cage fu realizzata sempre da Pietro Grossi nel 1965, per la medesima associazione. Con lo stesso rigore l’associazione si occupò poi della musica dei compositori dell’Est, e di quelli sudamericani.
Nonostante il suo lavoro pionieristico incontrasse l’ostilità delle caste musicali ufficiali e della critica, l’associazione continuò a realizzare produzioni controcorrente, collegandosi con le altre realtà elettroniche italiane e straniere, dallo Studio RTF di Parigi al WDR di Colonia, agli studi Columbia-Princeton di New York e lavorando a stretto contatto con Teresa Rampazzi, fondatrice dell’NPS di Padova e con Enore Zaffiri, dello SME di Torino.

Grossi ebbe il ‘fiuto’ di dedicare due serate ai “Cortometraggi con musica elettronica e concreta”: “Arte programmata” e “I colori della luce” con la musica di Berio e le parti visive di Marcello Piccardo e dell’architetto Bruno Munari. Gli altri autori erano quelli di compositori oggi nella storia: Ivo Malec, Bernard Parmegiani, Luc Ferrari ed altri.
 

L’etica della pigrizia
Non secondaria, e ispiratrice anche della sua linea estetica, la convinzione che la tecnologia dovesse essere funzionale al risparmio di tempo, alla moltiplicazione dei gesti creativi, alla possibilità di avere più tempo per la vita, ed evitare che si venisse dominati dagli strumenti acustici e in generale dagli oggetti. Giocando con il suo nome venne fuori la sigla “Pigro”, poi utilizzata per firmare i dischi e le produzioni. Strana contraddizione che un uomo così attivo e progettuale, che assumeva come ideale di lavoro la velocità adottasse poi come sigla ed etica di comportamento il risparmio di energia, la prigrizia. Esse naturalmente celano una più alta idealità, legata al filo rosso Kant-Weininger, di rispetto per l’uomo, e distinzione tra il dominio sugli oggetti da un lato e invadenza della proprietà dall’altro. Celano ancora il desiderio dell’anonimato a favore del lavoro di gruppo svolto nello studio elettronico, e la necessità di ridimensionare la funzione della proprietà privata sull’opera artistica e intellettuale: non c’è possesso sulle buone idee.  Usare gli oggetti nella misura in cui possiamo controllarli, senza subirne l’invadenza senza limite provata dai virtuosi o da quei ricercatori assorbiti a tal punto dai loro laboratori da risultare poi incapaci di valutare esito e impatto sociale delle loro scoperte.
 

Il pioniere
Dapprima Grossi applicò la tecnica elettronica ai repertori tradizionali. L’esigenza nasceva dall’insofferenza tipica degli esecutori tradizionali in tema di controllo dello strumento acustico e di inevitabile scarto tra idea sonora e sua realizzazione: un deficit della prassi sull’immaginazione. Si parla di esigenze venute fuori in musicisti del calibro di Ferruccio Busoni, leggendario pianista e compositore, ma anche teorico ed esteta,o di Percy Grainger, altro celebre pianista-compositore che per limitare invadenza di scale ed arpeggi si costruì nel 1944 una macchina musicale elettronica. La sensibilità di Grossi era in linea con questo tipo di desiderio, e non deve meravigliare che gran parte della sua produzione fosse rivolta al rifacimento «senza sforzo» delle principali opere di repertorio della tradizione classica, senza per queso ignorarne alcune provenienti da mondi contigui. Un esempio eccellente, citato spesso da Grossi, è la Sagra della primavera di Stravinskij realizzata nel 1975, forzando al massimo delle sue possibilità un sistema allora all’avanguardia denominato TAU2. Siamo in un periodo in cui realizzare alcuni comandi oggi azionabili per gioco in qualsiasi computer richiedeva notevolissimi sforzi di programmazione. Si usavano comandi come ‘Invert’ (invertire i rapporti intervallari); ‘Scale’ (per cambiare il temperamento) o ‘Goback’ (per far eseguire alla macchina degli aventi al contrario). Cose del genere le facciamo oggi anche con i telefoni cellulari.
Grossi è tra i primi a realizzare un concerto telematico a distanza, effettuaando un collegamento tra Rimini e Pisa, e suonando e rielaborando a distanza sequenze casuali di suoni. Teorizzerà di un futuro in cui trasmettere suoni e algoritmi a distanza attraverso i cavi telefonici, cosa poi puntualmente verificatasi con la tecnologia Mp3.
Inventò software in grado di rilevare da un archivio sonoro alcuni sottoinsiemi, rilevandone le altezze e le durate, non a fini statistici ma per farne delle modifiche creative. Era sottintesa la possibilità di leggere questi esperimenti dal punto di vista delle nuove estetiche:  ogni brano veniva utilizzato come un materiale oggettivo, da condividere senza rivendicarne il possesso. Ricerche di questo tipo oggi vengono considerate all’avanguardia dai ricercatori dell’Università di Stanford, che pensano di esserne pionieri solo perché ne pubblicano i risultati per il Massachusetts Institute of Technology. Ma Grossi aveva pubblicato i risultati di queste ricerche nel 1980 e messo in rete tutti i suoi software fin dal 1996! Fin dal 1961, allo Studio di Milano, aveva realizzato per la prima volta in Italia musica programmata o algoritmica.
A metà degli anni Ottanta, i principi estetici che ispirano la sua musica vengono rivolti altrove.Dal 1986 si dedica a quella che definirà ‘Homeart’, arte grafica domestica, «estemporanea, effimera, creata per se stessi», che può realizzarsi con facilità a casa propria, in molteplici ‘copie uniche’. In modo simile produrrà, con stampanti ad aghi, degli ‘unicum’ grafici chiamati ‘Homebooks’; chi scrive ne possiede due, con piccole ma significative varianti. Usava per la grafica e la videoarte intuizioni usate oggi dai Veejai. 

Il politico
Etica, estetica e politica: tre cose sotterranee ma ‘esposte in evidenza’ nell’opera di Grossi. La stessa ‘Homeart’ non va indirizzata «al giudizio altrui», non per presunzione o solipsismo estetico, ma perché essa cambia continuamente, asseconda l’esigenza creativa del momento, fa da sfondo, è quasi ‘ambient’. Un giudizio, scriveva Grossi, «non lo merita nemmeno, perché basta cambiare un numero e cambia tutto». Quando nel 1972 vende il suo violoncello, il motivo è politico: può l’uomo sentirsi ‘impegnato’, legato totalmente ad uno strumento? La risposta di Grossi fu quella di appendere l’archetto a un chiodo. Lo scopo ultimo non è quello di esporsi al gradimento altrui attraverso l’esibizione, o di mantenere come propria una composizione: un atteggiamento di possesso, conservativo; ma quello di stabilire un rapporto di elastica continuità creativa con gli oggetti e le macchine che ci circondano: «una volta creata, una struttura musicale o grafica non ha più vita. Se ne può fare subito un’altra. E allora mi chiedo a che scopo farla sentire o vedere, forse solo per suggerire: guarda cosa puoi fare tu!» 

Dischi & libri (selezione)
Paganini al computer (Edipan 1982)
Sound Life (Edipan 1985)
Computer Music (Edipan 1988)
Computer Music (CD, Edipan 3006 1990)
P. Grossi, Musica senza musicisti, Firenze 1987, CNUCE/CNR
F. Giomi - M. Ligabue, L’istante zero, Firenze 1999, Sismel
Aa.Vv., Arte & Computer, catalogo, Firenze 2000, Mediared
P. Grossi - G. De Simone, Corrispondenza, inedita

Autore: Girolamo De Simone

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