DISTR/AZIONE

SU CANZONI NAPOLETANE

di Girolamo De Simone

 

4 Maggio 2004 - Teatro Sancarluccio - Napoli ore 20,30

voce narrante: Vincenzo Maiello

 

 

PRIMO INSERT NASTRO

Segue VOCE:

“...e alla fine si deve arrivare alla resa dei conti.

la città del sottosuolo ci sopravanza, invade l’illusione di pienezza che ci siam fatti e... si dimentica di tutto quel che è storia

 

questa Napoli senza memoria... una ‘città di merda, come scriveva Striano

 

in realtà è una città di tufo, cavità, vuoti improvvisi e cedimenti

 

città di voragini improvvise, che s’aprono anche ai quartieri alti

 

una città postmoderna, perché già abituata alla precarietà, che oggi è di moda

 

qui l’emigrazione interna non è affare fascista

è affanno quotidiano, e solitudine

 

come diceva Compagnone «Napoli è una città dove la solitudine ha qualcosa di corposo, di solido, di materiale. E’ una solitudine pesante, non lieve ma greve, non trasparente ma opaca, non silente ma rumorosa. E’ una solitudine nella ressa, nel rumore, nel disordine. E’ una solitudine senza poesia, senza nulla di allusivo, di pacato, di raccolto»”

 

SECONDO INSERT NASTRO

Segue VOCE:

“...allora si deve arrivare alla resa dei conti, e in un modo o nell’altro confrontarsi col Nemico

la monnezza, la camorria, l’invadenza

pizza, sole e mandolini

gite fuori porta

 

Lui, il Napoletano, vuole rendersi simpatico e sopportabile; farci accettare il suo modello

come l’unico possibile. Suvvia, un po’ di tolleranza!

 

Ma nulla è meno sopportabile del Napoletano Simpatico

quello che ha sempre bisogno di un filtro, di una sovrastruttura, qualcosa che lo ‘traduca’ al resto del mondo e lo renda plausibile. Lui vuol farsi accettare così com’è, senza sforzarsi di cambiare, lui che deve sempre mettere il cappello della sua napoletanità sulla sua musica, sul suo cinema, sulle sue scritture.

Non è che non si debba “dire” Napoli.

E’ che non si può “sempre” dire Napoli.

Dire Napoli perché in fondo non si ha altro da dire

 

Le gite fuori porta e gli spaghetti diventano l’unica icona possibile di una città che si parla addosso

 

Per questo noialtri, che qui viviamo, dovremmo essere alla resa. Non dico arrenderci o emigrare. Dico che dobbiamo davvero fagocitare queste pizze, questi mandolini, questo sole e questo mare. Mangiamoci gli spaghetti e... facciamone altro.”

 

TERZO INSERT NASTRO

QUARTO INSERT NASTRO

Segue VOCE:

“Non cancelliamo questo folclore, trasformiamolo a nostro uso e consumo, rendiamolo irriconoscibile, giochiamoci, a costo di rovinarlo. Macchiamolo, alteriamolo, confondiamolo, diamogli un calcio in culo e facciamo in modo che con la nostra Azione la sua identità possa mutare.

 

Agiamo in maniera un po' distratta, rubiamo queste belle melodie, questo ingombrante valore aggiunto della nostra identità, rendiamola mutante come noi in fondo siamo. Distraiamo le cose dal loro fine abituale e rendiamole diverse.”

 

QUINTO INSERT NASTRO

Segue VOCE:

“No all’ennesimo canto a fronna, all’ennesima banda, all’ennesimo pezzo vocale, al nuovo arrangiamento, al nuovo potere napoletano, al nuovo cinema napoletano, alla nuova soap napoletana, ai nuovi emergenti napoletani.

 

Un po’ di autoridimensionamento, un po’ dell’altra Napoli, quella che non va a pogare e si fa il culo. Quella che non spara e non invade l’altro. Quella che se fa una gita fuori porta non lo fa sapere al resto del mondo. Quella che non lancia fuochi d’artificio. Quella che fa le feste delle lucerne, e per una volta prega ‘in silenzio’ alla Madonna dell’Arco. Quella che ascolta musica in auto senza pompare, spaccarsi i timpani ed obbligarci fin dall’ascolto alla violenza subita senza nulla poter fare.

L’altra Napoli. L’altra Napoli silenziosa”

 

(stop luci)

SESTO INSERT NASTRO

(fine)